CHE mondo vivi?

Siamo noi che decidiamo quale mondo vivere.

Quello del lamentante, per esempio, è un ruolo che richiede cieca fiducia e servilismo ad una forma pensiero che richiama l’immagine di un mondo piccolo.

Avendo prestato giuramento ad un dio piccolo, limitato, il giudicante è separato dalla vita. Egli incorpora idee, visioni e parole che si muovono in un caos distruttivo che spesso viene tramandato di generazione in generazione.

Pertanto, vivendo distaccato dalle infinite possibilità del mondo, il lamentante si muove con fatica sommerso ed immerso in cicli perpetui di parole male-dette.

Nella sua mente sopravvive un pilota automatico che domina, gestisce e dirige lo sguardo sulla vita misera suggerendo parole, pensieri ed opere che frammentano e allontanano da quella nostra intima esigenza di riconoscere la specifica autenticità di ogni essere vivente e quindi del proprio io ma anche l’assoluta necessità di specchiarci nell’altro perché fatti della stessa sostanza.

È l’illusione della separazione della materia a creare la necessità di giudizio che è ben altro dall’atto del discernimento e cioè della scelta consapevole del nostro personale cammino.

Vivendo fuori da Sé, il lamentante crea vere e proprie lacerazioni interne ed esterne che divengono terreno adatto alla nascita e al perpetuarsi di malattie che si manifestano sia nel singolo attraverso il corpo che nel sociale.

Egli punta il dito e giudica attraverso una limitata visione senza mai spostarsi dalla sua posizione. La sua conoscenza si limita a quell’unico punto di vista che si è concesso. Dalla sua gabbia fatta di credenze e condizionamenti emette sentenze lapidarie. Andando in giro per il mondo con questa profonda insoddisfazione egli diviene un generatore nonché un provocatore di tormento; un produttore di parole male-dette.

Questo atteggiamento, queste parole, queste forme pensiero possono essere trasmutate, con disciplina e impegno, in parole bene-dette.

In che modo?

La possibile guarigione risiede in primis nell’ascolto sincero di quelle parole che vivendo con noi e in noi attivano e creano la nostra biologia e le nostre emozioni, istante dopo istante. Avendo il potere di dettare condizioni, esse possono determinare la salute, quindi il Ben-Essere o il mal-Essere.

Riporto di seguito le recenti ricerche del biofisico e biologo molecolare russo Pjotr Gariaev e i suoi colleghi:

«Gli scienziati hanno dimostrato che gli alcalini del 90% del nostro DNA chiamato sino ad ora DNA spazzatura, seguono la normale grammatica. Il codice genetico segue le regole del nostro linguaggio umano. D’altronde i linguaggi appaiono come riflesso dei modelli ereditari nel nostro DNA».

Riflettiamo allora e soffermiamoci ad ascoltare quali parole, in questo preciso momento, si affacciano alla nostra mente; quante di queste parole stimolano emozioni rasserenanti, pacifiche e quante, invece, creano in noi preoccupazione e disagio.

Osservatele, accoglietele e con rispetto chiedete alla vostra mente di cambiare parola, pensiero, punto di vista.

Conoscerete così nuovi orizzonti, mondi più grandi.

Ne vale la pena? No, ne vale la gioia!