Friedrich Nietzsche – Umano troppo umano. Un libro per spiriti liberi

Tra le diverse opere di Friedrich Nietzsche (1844 – 1900) di cui avrei potuto parlare, ho scelto Umano troppo umano, per il fatto che all’interno di questo libro è racchiuso il Nietzsche degli albori, quello del primissimo pensiero autonomo che prende le distanze dalle due figure chiave che hanno accompagnato il filosofo fino a questo punto, Wagner col suo desiderio di raggiungere l’epicità e la forte passione per l’arte tragica greca, e Schopenhauer col suo pessimismo. Questo testo è un’ottima base di partenza per avvicinarsi a Nietzsche.

Le prime due opere di Nietzsche (La nascita della tragedia del 1872 e Schopenhauer come educatore del 1874), infatti risentono del pensiero di Schopenhauer, soprattutto in relazione al grande capolavoro del filosofo di Danzica, Il mondo come volontà e rappresentazione del 1818 e dell’aurea del compositore. Già in avvio, all’aforisma 39, Nietzsche prenderà le distanze da Schopenhauer.

Questo testo è molto importante dunque perché segna il distacco da parte di Nietzsche dal grande sistema schopenhaueriano. In Umano troppo umano troviamo appunto lo sforzo del filosofo che costruisce la sua filosofia indipendente. Quella che troverà una più adeguata trattazione nelle successive riflessioni che daranno vita ai grandi concetti al centro delle opere più famose e sicuramente più conosciute di Nietzsche come Genealogia della morale e Cosi parlò Zarathustra. Umano troppo umano resta un passaggio obbligato per capire la genesi del pensiero nietzschiano e per accostarsi al nucleo del suo pensiero.

La Newton Compton Editori, nella fortunata collana dei Minimammut, ha il pregio di presentare l’edizione integrale, ad un prezzo a dir poco eccezionale. Infatti il volume nella sua forma definitiva è composto da tre parti. La prima e più corposa parte riguarda Umano troppo umano; nella seconda sono stati inseriti altri due volumi: Opinioni e detti diversi e Il viandante e la sua ombra.

Secondo Mazzino Montinari benché le tre opere siano nate in momenti diversi s’intravede una certa unità nel lavoro di Nietzsche che prende avvio e si conclude con lo “spirito libero”. In Umano troppo umano si proclama la liberazione dello spirito, che prosegue nelle Opinioni e detti diversi e si riversa infine nell’epilogo de Il viandante e la sua ombra. Giovanni Maria Bertin evidenzia invece come con Umano troppo umano si profila con nettezza la tendenza illuminista e critica di Nietzsche. Inoltre è qui che si delinea l’impiego dell’aforisma, con la sua natura frammentaria, priva di presunzioni dottrinarie, che sarà una delle grandi fortune del Nietzsche.

È bene far notare che nel conflitto delle interpretazioni che si sono articolate riguardo al pensiero di Nietzsche sono sporadici gli approfondimenti che vengono fatti sul Nietzsche per così dire “illuminista” e sulla sua ammirazione per gli illuministi francesi. Non a caso il libro è dedicato alla memoria di Voltaire, deceduto esattamente cento anni prima della pubblicazione del libro, il 30 maggio del 1778.

 

Un libro per spiriti liberi

La nostra riflessione deve necessariamente partire dalla nozione di spirito libero. Chi sono gli spiriti liberi a cui Nietzsche dedica questo libro “malinconico” e “coraggioso”?

Lo spirito libero è quell’individuo che assume come obiettivo della propria vita la conoscenza. Disprezza l’attivismo dell’uomo contemporaneo dominato dalle passioni e prigioniero dei dogmi. Scegliere di essere spiriti liberi comporta l’abbandono dei propri ideali, e rinunciare a quasi tutto quello che ha importanza agli occhi degli altri per sollevarsi libero e senza paura sopra uomini, costumi, leggi e tradizionali valutazioni delle cose. Lo spirito libero, nell’aforisma 225 è per Nietzsche l’eccezione, mentre gli spiriti vincolati sono la regola.

Questo significa che l’opera del filosofo tedesco è in realtà riservata a pochi, a coloro che hanno “sensi sottili e raffinati, con un sovrappiù di tempo di serenità di cielo e di cuore”. È a lui dirà Nietzsche, che si comincia a svelare il mistero della grande liberazione. La matrice dello spirito libero come abbiamo detto è senza dubbio la conoscenza. Più precisamente la cultura della conoscenza, non quella dell’arte. L’arte subirà una critica da parte di Nietzsche soprattutto in relazione al fatto che l’arte e l’artista impediscono all’uomo di evolvere verso la maturità e la civiltà.

 
L’origine della critica religiosa, morale, artistica, psicologica e filosofica

In Umano troppo umano, Nietzsche opera una critica trasversale su diversi fronti. Dopo aver delineato le caratteristiche dello spirito libero, avvia una polemica nei confronti dell’arte, del genio, della metafisica, della morale e della religione. È un Nietzsche che sulla scia dell’aforisma non risparmia giudizi pungenti a nessuna categoria presa in esame. Nel mezzo sono tante le riflessioni che emergono. Qui nasce il connubio che renderà immortale Nietzsche tra contenuto filosofico eccelso e bellezza stilistica e letteraria espositiva, che poi troverà la massima espressione nelle opere successive. Ma è qui, in Umano troppo umano che nasce.

Si possono promettere azioni ma non sentimenti. Chi promette a qualcuno amore eterno, odio eterno o eterna fedeltà, promette qualcosa che non è in suo potere; può invece ben promettere quelle azioni che normalmente sono la conseguenza dell’amore, dell’odio, della fedeltà. […] Promettere di amar sempre qualcuno significa dunque: finché ti amerò compirò nei tuoi confronti le azioni dell’amore; se cesserò di amarti tu continuerai a ricevere da me le stesse azioni, cosicché agli occhi degli altri rimane l’apparenza che l’amore sia sempre lo stesso. Si promette dunque la durata della parvenza dell’amore, quando senza accecarsi da soli si giura a qualcuno amore eterno.

Abbiamo visto che Nietzsche innesca tutta una serie di polemiche in sequenza andando anche a sfatare pregiudizi secolari ed elaborando teorie attraverso cui afferma che non esiste una morale unica e che il concetto del bene e del male abbiano una duplice natura. Questa per esempio è una concezione che troverà una stesura più completa ed esaustiva in uno dei capolavori della maturità di Nietzsche, Genealogia della morale. Qui il filosofo semina concetti che svilupperà in futuro. Per codesta ragione quest’opera è fondamentale. Perché da qui si possono apprezzare gli albori riflessivi che faranno di Nietzsche un demolitore di tutti, o quasi, i sistemi filosofici che lo hanno preceduto. Questo testo è fondamentale anche perché è evidente l’avversione di Nietzsche per qualsiasi forma di nazionalismo, contrariamente a quanto pretende una miserevole, pretestuosa ed insana interpretazione dei suoi scritti, ampiamente confutata, che vuole un Nietzsche addirittura precursore del nazismo.

Tutti coloro che non si intendono di qualche mestiere di armi e tra le armi vanno annoverate anche la lingua e la penna, diventano servili: ad essi la religione torna molto utile, perché così la loro servilità prende l’abito della virtù cristiana e ne esce sorprendentemente abbellita

La critica alla religione, soprattutto al cristianesimo che Nietzsche inizia ad elaborare tra le righe di Umano troppo umano, troverà anch’essa una più completa esposizione nella Genealogia della morale e nell’Anticristo. Se da un lato Nietzsche critica senza pietà il cristianesimo definendo i cristiani figure miserevoli, avrà sempre un grande rispetto per la figura di Gesù. Una figura immune al peccato perché raggiunse una consapevolezza di piena innocenza e irresponsabilità.

La critica di Nietzsche invece non si placa dinnanzi al cristianesimo corrotto e corruttore. Egli scrive che “schiacciò e spezzò completamente l’uomo gettandolo in una palude: poi nel sentimento di una abiezione totale fece d’un tratto balenare lo splendore della divina misericordia “. Nietzsche, in questa fase, critica soprattutto la profonda corruzione della mente e del cervello ad opera del cristianesimo nei confronti dell’uomo. E critica tutte le trovate psicologiche che esso ha escogitato con lo scopo di annientare, frantumare, stordire la natura umana nella sua pura essenza.

 

Le metafore. La potenza dell’immagine

In questo testo Nietzsche si cimenta anche nell’utilizzo di tutta una serie di metafore. Come profeta cupo ma pervaso da una vitalità inaudita, egli cela attraverso un linguaggio velato e dirompente un messaggio di grande impatto, un preciso insegnamento, destinato a cogliere nel segno e a destare sconcerto ma anche immediata infatuazione. Emerge in tutta la sua potenza quell’ebbrezza di pensiero che consacrerà Nietzsche ad essere uno dei più grandi filosofi della storia. Armonia e grande accuratezza espressiva sono elementi di primaria importanza nella genesi del metodo filosofico nietzschiano. La scelta dei termini, l’utilizzo degli aggettivi, il ritmo delle frasi, sono tutti elementi che denotano una genialità che si prefigura tanto sul piano filosofico, quanto su quello letterario. In questo Nietzsche è diventato davvero un maestro, quasi impareggiabile.

Nessun fiume è grande e ricco di per sé, ma è il fatto di ricevere e convogliare in sé tanti affluenti a renderlo tale. Ciò vale anche per ogni grandezza dello spirito. Importa solo questo: che uno imprima la direzione che poi tanti affluenti dovranno seguire, e non che uno possieda sin dall’inizio capacità grandi o piccole

Come i ghiacciai ingrossano quando il sole, nelle zone equatoriali, arde sui mari con più violenza di prima, così anche una libertà di pensiero molto forte e irruente può essere segno che da qualche parte è straordinariamente aumentato l’ardore del sentimento.

 

Conclusioni

In definitiva il testo cosiddetto “illuministico” di Nietzsche, tanto illuministico non è. Viene definito tale perché al centro della riflessione vi è la ragione, ma la ragione non viene esaltata come nell’illuminismo; viene palesata attraverso essa stessa all’interno degli aspetti oggetto di critica: morale, metafisica, arte e religione.

Quella che viene definita azione morale nel rinunciare a piacere, vanità e orgoglio è essa stessa un’azione di piacere, vanità e orgoglio. Ergo la morale è contraddittoria. La metafisica che si prefigge di istituire punti fermi per l’uomo si fonda su illusioni. La religione dal canto suo, per il filosofo tedesco, è molto pericolosa, perché nel momento in cui non riesce a contrastare la causa del male, cambia il significato dell’effetto. L’uomo soffre e non sa perché soffre. La religione promette l’amore di Dio a chi soffre. Infine l’arte; è la meno pericolosa della quattro, ma come abbiamo visto non consente all’uomo di evolversi realmente.

Quest’opera è l’opera da cui partire se si vuole davvero comprendere Nietzsche. È un testo propedeutico ai grandi capolavori nietzschiani. Uno studio serio sul filosofo tedesco deve necessariamente partire da qui. È qui che noi facciamo confidenza col modo di scrivere di Nietzsche. Egli parla esplicitamente di qualcosa, ma parla sempre anche di tante altre cose. Familiarizzare con questo particolare approccio filosofico è operazione basilare per cogliere la genesi del pensiero nietzschiano autonomo. Proprio in Umano troppo umano infatti ha la sua primissima espressione.

Poi c’è sempre lo spirito greco, la maestosa grecità che aleggia, con cui il filosofo si confronta (come per esempio negli aforismi 114 e 195) e la grande esaltazione di una cultura la cui magnificenza ci fa tuttora impallidire. Qui si trovano i semi del ragionamento filosofico critico del grande pensatore tedesco. Ma Nietzsche oltre che demolire e criticare, è bene rammentarlo, ha anche  costruito. Non è mai troppo tardi per giungere a Nietzsche. Solo, è necessario sapere da dove partire. Abbiamo impiegato troppo tempo per comprendere questo genio, non dedichiamone altrettanto per dimenticarlo.

 

Solo ora giunti al mezzodì della vita noi comprendiamo quanti preparativi, vie indirette, prove, tentazioni e travestimenti il problema abbia richiesto, prima di poter salire fino a noi. E come noi abbiamo dovuto sperimentare nell’anima e nel corpo i più molteplici e contraddittori stati di miseria e di felicità, come avventurieri e circumnavigatori di quel mondo interiore che si chiama “uomo”