George Eliot – Il velo dissolto. Il grande realismo “pessi-mistico”

Il velo dissolto, romanzo breve di George Eliot, dietro il cui nome si nasconde quello della giornalista e scrittrice inglese Mary Ann Evans, nata nel Warwickshire, nell’Inghilterra vittoriana ai primi dell’Ottocento, è un racconto davvero suggestivo.

George Eliot (1819-1880) è indubbiamente una delle penne inglesi più grandi dell’Ottocento e questo piccolo racconto di poco più di settanta pagine è il classico esempio di come si possa raggiungere l’apice della pienezza narrativa anche in pochissime righe.

Il velo dissolto esce per la prima volta nel 1859 e rappresenta un’eccezione nella produzione letteraria di George Eliot, decisamente più conosciuta per Il mulino sulla Floss e Middlemarch. Possiamo definire Il velo dissolto, conosciuto anche come Il velo sollevato, come una sorta di novella gotica che vuole fare chiarezza sulla parte più oscura e irrazionale dell’essenza umana. Stranamente, quest’opera della Eliot, benché sia stata oggetto di diverse traduzioni, è incappata in più di una critica. Infondata a mio parere. Parliamo di un testo sicuramente singolare e certamente atipico, ma dal quale è impossibile non scorgere una grandissima poeticità. L’intensità narrativa inoltre è supportata da un linguaggio così raffinato ed elegante da sorprendere quasi a ogni capoverso. Il testo è particolarmente interessante per via di due elementi del tutto estranei alla “prosa classica” dell’epoca: da un lato abbiamo le doti profetiche del protagonista e dall’altro il genio scientifico del suo amico medico Meunier, in grado, con una trasfusione di sangue nel cuore, di ridare momentaneamente vita ai cadaveri.

Il genio di Geroge Eliot è quello di aver creato una figura stupenda e dannata ai limiti dell’inconcepibile. Latimer, protagonista e voce narrante del racconto è dotato di una facoltà mentale eccezionale: riesce a vedere il futuro e a sapere cosa pensano le  altre persone. Grazie a questa straordinaria chiaroveggenza ha previsto che morirà nel giro di un mese, esattamente il 20 settembre 1850. L’unica cosa da fare a questo punto, è usare il tempo che lo separa dal fatidico giorno per riavvolgere il nastro della propria esistenza.

“Poiché io so quando morirò e tutto quanto accadrà nei miei ultimi istanti”.

Ma il dono della preveggenza, quella che noi oggi potremo definire una sorta di facoltà paranormale, ben presto si rivelerà una condanna e non una grazia. A conti fatti è meglio non possederla affatto questa facoltà che tutti noi vorremmo avere, perché conoscere il proprio futuro e sapere cosa si cela realmente nella mente degli altri non dispensa del tutto dalle sofferenze che la vita elargisce.

Latimer si ritroverà ancora più solo. Fare i conti con le angosce che gli procura il “guardare per davvero gli altri”, sapere tutto delle loro meschinità e ipocrisie ed entrare dentro il loro animo non può che assicurare  altro dolore e afflizione. Una volta che il velo sarà tolto, Latimer saprà come andranno a finire le cose. Ma c’è l’eccezione. In un panorama così tenebroso c’è una sola persona a cui lui non ha accesso: Bertha, la fidanzata del fratello. Bertha è inaccessibile, è impenetrabile. Perché?

Il racconto si snoda in una pregevolissima sequenza di flashback che mettono in evidenza tutto il turbamento e la solitudine immane del protagonista. Il testo di Eliot è un grandissimo esempio di dettagliata analisi psicologica, attraverso la sublime descrizione dello stato d’animo del protagonista.

Praga e Ginevra emergono sullo sfondo. La città ceca è descritta con una pennellata eccelsa:

“bagnata da un’intensa luce solare[…] sembrava così ardente che il suo largo fiume assunse per me l’aspetto di una lastra di metallo. […] Quei severi personaggi di pietra, pensai, sono i veri padri di tanti figli sbiaditi”.

In una lettera del dicembre 1860 George Eliot scrisse: “la più alta vocazione e scelta è vivere senza oppio, vivere ogni dolore con pazienza consapevole e lucida”. È la stessa identica vocazione di Latimer, la stessa scelta che farà lui, pur conoscendo il futuro in tutti i suoi aspetti.

Il velo dissolto. Un titolo centrato in pieno, perché il velo, elemento che separa la realtà e l’uomo dalla comprensione di esse, in questo frammento letterario, si è finalmente diradato; è stato eliminato, è sparito, ma la sua “dissoluzione” non sarà di giovamento per il protagonista. Dalla dissoluzione del velo non verrà scongiurato l’incedere drammatico degli eventi che porterà ad avviare l’angosciosa attesa dietro il malinconico e struggente monologo di Latimer.

Indagine psicologica e riflessione morale in una manciata di pagine. Ritrovare questo piccolo gioiello, nell’edizione curata dalla Passigli Editori, con la traduzione di Elisa Morpurgo, è un po’ come togliere il velo per guardare poi nel contorno di una sua lievissima piega e scoprire che anche lì si annida la grande, grandissima letteratura.