Il Tao-te-ching; un’opera unica da cui può derivare tutto

Il testo Tao-te-ching, Il libro del Tao e delle virtù, viene attribuito a Lao-tzu, personaggio di cui si sa in verità pochissimo. Non è una figura storica, per cui viene meno l’ipotesi che lo identifica come un rivale di Confucio. Nell’immaginario collettivo Lao-tzu è dipinto come un drago invincibile. È conosciuto anche come Lao-tse, ed è considerato uno dei maggiori filosofi cinesi, anche se sulla sua reale esistenza sono tuttora in corso accesi dibattiti. Per molti studiosi, infatti,  Lao-tzu è un nome onorifico che andrebbe ad abbracciare un numero imprecisato di autori, uniti in questo famoso libro filosofico, alla base di tutta la tradizione taoista.

Storicamente si è soliti collocare l’autore o gli autori nel VI secolo a.c. Lao viene considerato quasi all’unanimità  il fondatore del Taoismo e il Tao-te-ching rappresenta una delle vette più alte del pensiero filosofico cinese.

Ho scelto, tra le numerose edizioni, di presentare il volume edito da Bur, sulla collana dei Classici Bur, dal titolo Tecniche di meditazione taoista perché oltre al Tao-te-ching questo volume è impreziosito da due testi alchemici: Il maestro dei segreti celesti e Il trattato del sedersi nell’oblio, che trattano di una questione poco nota del taoismo in Occidente, dal punto di vista filosofico, cioè l’aspetto alchemico.

Per questioni di spazio (il tao rispetto alle altre parti occupa quasi i due terzi del volume), ma anche per una questione di contenuto, concentreremo la nostra riflessione esclusivamente sulla parte del Tao-te-ching. Al di là del suo autore, si tratta di un libro denso di luce e poesia, un’opera che possiamo definire “fuori dal tempo”.

Chiunque decida di intraprendere un percorso di vera e sofferta evoluzione interiore, qualunque sia il punto di partenza e qualunque siano le tappe di questo percorso, è molto probabile, se non pressoché scontato, che “incontri” questo libro nel suo cammino, e che lo accolga come un vero e proprio dono. È di sicuro un testo di profonda edificazione e leggendolo ci si accorge di subire una sorta di trasformazione. Ma è anche un’opera volutamente criptica, affinché la comprensione dello scritto sia personale, così come deve esserlo l’interpretazione, e tutto questo può avvenire solo attraverso un’attenta meditazione e una profonda riflessione interiore.

 

Il Tao-te-ching 

Iniziamo col prendere atto di due aspetti fondamentali senza i quali non sarebbe possibile cogliere la grande portata di questo insegnamento. Il primo aspetto riguarda il fatto che in oriente la filosofia insegna a ragionare diversamente. Di questo immane insegnamento l’occidente non sempre è riuscito a fare buon uso. L’attenzione alla scrittura è stata tramandata dalla cultura ebraica. Essa impone di seguire con estrema attenzione e quindi in maniera letterale il contenuto delle sacre scritture. Molto diversa è l’interpretazione dell’antica scuola cinese che non crede affatto che in un testo scritto vi siano nascosti gli enigmi dell’universo.

Quindi se il primo aspetto è il ragionare diversamente ne va da sé che il secondo è rappresentato dal precetto di non seguire alla lettera l’insegnamento di un libro. A tal proposito è più importante vedere cosa il libro non vuole esprimere, piuttosto che quello che vuole comunicare. L’indottrinamento è assolutamente bandito. Questo testo non parla per convincere nessuno, proprio in riferimento ad uno dei suoi motti principali “chi parla non sa, mentre chi non parla sa“. Questo motto è la stella polare, perché il Tao non è una guida esistenziale. Il Tao è Via, Via principale.

Guardandola la si intravede appena, Udendola è appena percepibile, Usandola, non si logora mai

Secondo questa visione la via è la forza interna che alberga in ognuno di noi e rappresenta una forma di divinità. L’etica è un invenzione sociale. Programmare l’esistenza sulla base di voleri eterni è pertanto inutile.

Ogni capitolo comincia solitamente con alcuni paradossi per poi articolarsi a più livelli, scanditi dalla parola ” perciò” . Una parola che segna la diversa logica che la cultura cinese ravvisa. A differenza della logica occidentale, la logica cinese prevede certo la connessione  causa-effetto, ma allo stesso tempo stabilisce anche che un effetto possa essere una parte della causa. In poche parole causa ed effetto non sono aspetti successivi, uno conseguente all’altro, ma aspetti simultanei della stessa verità.

La via del cielo: non combatte e sa vincere; non parla e sa rispondere; non fa appelli e risulta attraente; malgrado l’indolenza, escogita i suoi piani. Larga e vasta è la rete celeste, si estende a perdifiato ma senza smagliature

È molto interessante un passaggio, da cui scaturisce  un grande significato filosofico. Quello in cui si fa riferimento al fatto che l’inizio è la parte migliore di tutta la vita proprio perché si forgia nella meraviglia e vive nella meraviglia.

Nel paragrafo ventuno è singolare come secondo l’interpretazione taoista, i filosofi occidentali tentino di comprendere il mondo con la meraviglia per poi quasi sempre discostarsene. Si tratta di una nota interessante, presente in maniera sfumata anche in altri passaggi dell’opera.

C’è tuttavia un punto di congiunzione tra il Tao e la filosofia occidentale e questo non poteva che essere rappresentato dai greci; con la culla della cultura occidentale, con la straordinaria e irripetibile forma di pensiero elaborata nell’antica Grecia. Questo elemento di unione lo si può cogliere per certi versi sicuramente in Eraclito. Ci sono non poche affinità anche se i testi (di Eraclito purtroppo abbiamo pochi frammenti), alla lunga si discostano. In ogni caso entrambi per esempio ripudiano una mentalità metafisica ed entrambe le dottrine di pensiero sono caratterizzate dall’oscurità, la complessità e la cripticità della loro opera. Aristotele definì  Eraclito “l’oscuro”, proprio per la difficoltà interpretativa presente nei suoi scritti.

L’universo per Lao è reale. Realtà pura. Viva. La via potrebbe essere intesa come un sorta di percorso. Stiamo parlando di un’opera fondamentale, la più tradotta dopo la Bibbia.

Proprio sulla traduzione una parola vorrei spenderla. Il Tao-te-ching è un testo molto complesso da tradurre. E qua è evidente la relazione col testo biblico. Le varie traduzioni del Tao, come le tante versioni bibliche che si sono susseguite nel corso dei secoli, d’altro canto, hanno tralasciato e omesso, sottolineato ed enfatizzato qualcosa a discapito di qualcos’altro. Molto si è perso in quel tortuoso cammino che ha visto entrambi i testi giungere a noi e quello che è rimasto va esaminato bene, con grande attenzione e con spirito aperto.

Tuttavia, ed è questa la questione fondamentale, è stato fatto notare, non a torto evidentemente, che la purezza racchiusa da questa fede contiene analogie con altri culti, come appunto quello cristiano, da intendersi però esclusivamente nel cristianesimo delle origini, quello puro, incontaminato, scevro insomma da dubbie interpretazioni e da mediazioni continue ad opera delle istituzioni religiose di turno. Ci sono anche diverse analogie anche con la spiritualità degli indiani d’America. Al pari del Tao hanno anch’essi un profondo rispetto per il creato e la natura.

Le ripercussioni sottese a questo genere di considerazioni ci portano a ravvisare, ancora una volta, come la vera fede e la sincera spiritualità, nel momento in cui raggiungono un elevato grado di consapevolezza, indipendentemente dal credo, portano tutte a quella strada che consente all’uomo di accostarsi a quell’unica verità.

Qui si innesca il grande paradosso, che in alcune scuole filosofiche occidentali, vede albergare l’uomo perfino nella verità, constatando però due cose. Da un lato la sua incapacità di rendersene conto e dall’altro, qualora ravvisi questa condizione, l’impossibilità di dimostrarla razionalmente.

In questa particolare fase storica, segnata dalla rarità dei “dialoghi” e delle “conversazioni” e dalla continua e banale chiacchiera, in un contesto in cui la norma è rappresentata dagli eccessi (anche e soprattutto l’eccesso di inutili parole), l’essenzialità e la sinteticità del pensiero di Lao-Tzu, è di grandissima utilità. Sebbene la traduzione, come abbiamo già affermato e come sempre accade, perda qualcosa per strada, il valore eterno di quelle parole seppur in parte attutito dal tempo e dagli eventi, giunge a noi con un impeto inaudito. C’è da chiedersi cosa sarebbe stato leggere il vero testo originale, puro e illibato. Aprire il Tao-te-ching in un qualsiasi istante del cammino, può indirizzare lo stesso verso una nuova via, una strada colma di luce, se il lettore avrà la capacità e la forza di ascoltare e di lasciarci ancora una volta meravigliare.