Guido Morselli – Dissipatio H.G., tra i meandri di un genio segreto

Guido Morselli. La vita di un genio segreto, tra le righe di Dissipatio H.G.

Quando m’imbattei nel testo di Guido Morselli, Dissipatio H.G., capii subito di avere tra le mani un piccolo capolavoro e indagando sulla biografia, la vita e le altre opere di questo incredibile scrittore ebbi la conferma di avere a che fare con un genio, un genio intimo, segreto, di quelli che passano purtroppo quasi inosservati.

Guido Morselli (1912 – 1973), scrittore di origini bolognesi le cui opere furono pubblicate postume, per l’incredibile parere sfavorevole di diverse case editrici, nacque in una famiglia benestante. Studiò giurisprudenza fino a laurearsi ma abbandonò da subito qualsiasi carriera professionale per consacrarsi alla scrittura. Grazie a una piccola rendita del padre si stabilì in una tenuta di famiglia, nelle campagne di Gavirate, nei pressi del Lago di Varese, dedicandosi al lavoro nella cascina e allo studio.

Il contatto con la natura e le letture forsennate di svariati autori tra cui spiccarono su tutti Croce e Vico ma anche Platone, Plutarco, Clarke e Einstein, gli permisero di crearsi una base intellettuale molto ampia e diversificata.

Iniziò a scrivere, ma le sue opere, non essendo minimante etichettabili e sfuggendo ad ogni possibile catalogazione letteraria, verranno tutte respinte. I casi più eclatanti saranno Il comunista, rifiutato da Italo Calvino, per conto di Einaudi, e  Contro-passato prossimo, rifiutato da Carlo Fruttero per conto di Mondadori.

Oggi gli appassionati di letteratura restano stupefatti di come si sia potuti restare indifferenti dinnanzi all’indiscussa grandezza dell’opera di Guido Morselli e vista la pessima qualità letteraria odierna di taluni scritti che (incredibilmente) trovano, senza troppa fatica, la via della pubblicazione, ci si chiede come sia stato possibile che uno scrittore di questo calibro non abbia avuto la fortuna di vedere le proprie opere pubblicate in vita. Premetto che non è questa la sede per esporre una critica sul livello editoriale italiano odierno, ma vorrei lasciare ai lettori le dovute considerazioni riguardo questa incredibile e imperdonabile svista.

Se oggi abbiamo a disposizione la completa produzione dell’autore lo dobbiamo alla casa editrice Adelphi che grazie a una pura intuizione, pubblicherà, postume, tutte le sue opere.

 

Dissipatio H.G.

Tra i vari libri di Guido Morselli, ho scelto di presentare Dissipatio H.G., cercando semplicemente di attraversare in punta di piedi questo grandissimo testo, addentrandomi appena tra le sue righe per non togliere al lettore il gusto di una totale immersione.

Dunque partiamo dalla fine. Da questo folgorante Dissipatio H.G., ovvero dall’ultimo libro scritto da Guido Morselli, quello più intimo e completo, il suo testo più riuscito, ultimato nella primavera del 1973, in completa solitudine, nella sua cascina, pochi mesi prima di suicidarsi sparandosi un colpo di pistola la sera del 31 luglio del 1973. L’arma era una Browning 7.65, più volte definita nei suoi diari: “la ragazza dall’occhio nero”.

“La perdita del timore reverenziale che la natura vasta e incontaminata usava ispirare all’uomo, è una delle menomazioni vitali di cui soffriva la nostra epoca. Ora non c’è più nessuno fra me e la natura, le rupi e i ghiacci sono solitudine, grandezza allo stato puro, devo ricuperare, riassaporare.”

Cosa significa Dissipatio H. G.? Morselli stesso lo spiega a pag. 77. H come Humani e G come Generis. Dissipatio Humani Generis, che possiamo riportare in italiano come evaporazione del genere umano. Termine che gli fu ispirato dal filoso neoplatonico Giamblico. Nel romanzo si parla del suicidio di un uomo che dopo aver messo sul piatto della bilancia gli aspetti negativi e quelli positivi della propria esistenza e vedendo prevalere le motivazione negative per un 70% contro il 30% di quelle positive, decide di togliersi la vita, precisamente gettandosi in lago.

“…aleggiava un fluido di morte, io c’ero sommerso come in una campana in fondo al mare. Sarebbe entrato, per osmosi, attraverso i muri. Angoscia chiara e cosciente, non frenetica, che mi lascia presentissimo a me stesso”.

Qui l’eco della domanda di Camus posta nel Mito di Sisifo, sull’unica questione che abbia davvero senso per l’uomo, ovvero se la vita valga la pena di essere vissuta, torna con un rimbombo assordante. Morselli però ribalta genialmente la questione. La volontà di suicidio del protagonista di Dissipatio H.G. che desidera annegarsi in un laghetto è fortemente sociale ed è legata alla collettività, perché a sparire non sarà il protagonista, che cambierà idea e non si getterà nel lago, ma l’intera umanità che evapora nel nulla, mentre lui rimane l’ultimo essere umano presente sulla faccia della terra, trovandosi un mondo silenziosamente mutato, senza nessun evento catastrofico. Morselli espone la triplice liberazione: dall’uomo, dal tempo e dalla proprietà. La scomparsa dell’uomo dalla faccia della terra si trascina dietro la scomparsa del concetto del tempo (chiaro elemento soggettivo) e della proprietà, con conseguente fine delle guerre e delle distruzioni. Cosa resta dunque dopo la scomparsa del genere umano? Rimane una natura che riavrà finalmente se stessa.

“ La natura non si è accorta della notte del 2 giugno. Forse si rallegra di riavere in sé tutta la vita, chiuso l’intermezzo breve che per noi ha il nome di Storia. Sicuramente, non ha rimpianti né compunzioni”.

La tematica del suicidio/non-suicidio in Dissipatio H.G. è affrontata con estrema disinvoltura. Il piacevole lirismo di Morselli conduce il lettore pagina dopo pagina. Le frasi sono avvolte da una malinconia tetra ma suadente (scevra da lamentazioni di sorta per la perdita di questo o di quello), attraversate da un sarcasmo ben ponderato, che conducono all’idea che la fine dell’uomo non è affatto la fine del mondo. Questo suo magnifico spingersi oltre, fino a rovesciare tutti i termini, i canoni e i costrutti, si rivela semplicemente geniale, perché alla fine il suicida è vivo e i vivi non sono morti, vanno oltre la morte, sono la morte stessa.

Lo stile è pungente e denso, adattissimo alla prospettiva allucinata, con frasi brevi ad effetto. È un monologo interiore che assume i tratti di un dialogo surreale, che partendo dalla narrazione degli eventi, riesce ad alternare bellissime sequenze riflessive a notevoli considerazioni filosofiche.

C’è chi, affetto da “nevrosi da catalogazione” ha voluto ascrivere al genere fantasy questo romanzo. Niente di più sbagliato. Questo testo non ha generi. Non è etichettabile. È figlio di una mente alta e altra che produce qualcosa che non si può catalogare. Può essere questo il motivo per il quale il testo è stato clamorosamente rifiutato.

Una cosa è certa. Morselli non avrebbe mai potuto neanche lontanamente prestare ascolto alle sterili quisquilie che tendono a voler rinchiudere l’opera d’arte in un genere. Ne sarebbe rimasto inorridito. Già in vita si era smarcato da tutto e da tutti, andando al di là del concetto di vita e di morte, di suicidio e di permanenza. La sua era una mente eccelsa, illuminata, assoluta, lungimirante. Oggi più che mai è di questi scrittori che abbiamo bisogno.

“gli uomini ubbidiscono alla chiamata della morte”. Io, per esempio, non ho ubbidito. Ero refrattario alle chiamate, evidentemente; virtù o viltà, sopravvivo”.