Luis Ferdinand Céline – Viaggio al termine della notte. Un capolavoro immortale

Viaggio al termine della notte di Luis Ferdinand Céline (1894 – 1961), pubblicato nel 1932, è per me la storia di una folgorazione. Ma la storia di questo libro è, per quanto mi riguarda, anche la storia di un pregiudizio.

L’incontro con questo autore era quanto di più sconveniente e inappagante pensassi di fare. Le circostanze che mi hanno portato a questa scoperta tardo-adolescenziale hanno eliminato, per sempre, i preconcetti dalla mia mente su tutto quello con cui avrei avuto a che fare d’ora in avanti. Viaggio al termine della notte, di Luis Ferdinand Céline è uno dei più grandi capolavori della letteratura del Novecento.

A discapito dei pochi estimatori di Céline, sono tantissimi coloro che amano Viaggio al termine della notte. Per me, che ho sempre trovato complicato e talvolta anche insensato scindere interamente la natura dello scrittore da quella del suo componimento, ho dovuto fare in questo caso, uno sforzo immane per separare l’uomo dalla sua opera. Questa è l’azione preliminare, senza la quale è impensabile aprire il libro.

Nella storia della letteratura di tutti i tempi difficilmente la disapprovazione per un uomo, uno scrittore, per il suo pensiero e i suoi valori, coincide con l’opposta e direi tragica infatuazione che genera la sua opera.

Céline è uno dei pochi personaggi che è riuscito a farsi disprezzare nella misura in cui la sua opera si è elevata ad autentica perla della letteratura del Novecento. In Viaggio al termine della notte ci sono pagine impagabili, sublimi, autentiche, magnifiche, difficilmente rintracciabili in quel mare seppur sconfinato che è la letteratura.

 

Un grande romanzo dal punto di vista del contenuto

Se pensiamo a un testo contemporaneo che possa anche solo tenere il passo, non dico per tutte le cinquecento pagine del “viaggio”, ma anche solo per un poco con l’opera di Céline, non si scorge nulla all’orizzonte.

Vorrei supportare il mio giudizio che colloca l’opera come un gande capolavoro del Novecento, innanzitutto mettendo in evidenza l’intelaiatura di Viaggio al termine della notte che si prefigura come un viaggio nel senso più alto del termine: viaggio materiale, viaggio di vita, viaggio introspettivo, viaggio spirituale, viaggio conoscitivo. Céline affronta, in sequenza, gli orrori della Prima Guerra Mondiale, lo sfruttamento coloniale, la solitudine della vita nella metropoli di New York, l’incubo della catena di montaggio alla Ford, il degrado urbano di Parigi e l’avvento, nella stessa capitale francese, di una borghesia cinica e spietata.

Tutto questo lo fa ad un livello narrativo impressionante, che non cala mai un istante. Il passaggio da un tema all’altro è sorretto dal filo esistenziale che congiunge le varie peripezie del protagonista. Come in un sogno egli passa dalla trincea e dalla morte scampata, al cuore dell’Africa, per vivere in una metropoli ed infine tornare a casa. Sul campo esperienziale, Céline, in prima persona, ha vissuto e raccontato, romanzandoli, gli aspetti e le criticità più importanti di tutto il Novecento.

 

Un grande romanzo dal punto di vista strutturale

Da un punto di vista strutturale, nell’opera il genio risiede nell’aver unito vari aspetti che hanno forgiato un’ossatura strutturale impareggiabile. Innanzitutto la prima intuizione è stata quella di aver attuato una “dislocazione lessicale”, anticipando o posticipando le parole, a seconda dei casi. Un effetto questo che crea sorpresa e sospensione e che giova all’intera narrazione.

Un altro elemento è la comicità che si intreccia con la tragedia. Qui Céline è magistrale. Fonde il comico col tragico. Riesce a far sorridere ma infonde immediatamente anche una disperazione abissale, dalla quale non si riesce interamente a soccombere. C’è un senso di ineluttabile tragedia incombente ma anche di ironia pungente e dissacrante.

Le descrizioni dei paesaggi sono brevi, sparse con buona cadenza nel romanzo, di un’intensità così elevata che appaga per le decine di pagine successive dove le descrizioni latitano.

Infine Céline fa prevalere la lingua parlata a quella scritta ed è qui che questo testo prende il largo e si colloca ai vertici della letteratura francese ed europea.

 

La guerra. L’Africa. Quelle duecento pagine inziali che hanno già inebriato il lettore

Non potendomi dilungare su tutti gli aspetti del testo, per ovvie ragioni, è sufficiente per far trapelare il livello letterario di quest’opera, fare una fugace sortita su alcuni passaggi della parte più affascinante e celebre, se vogliamo, dell’opera: la parte introduttiva e il primo blocco narrativo. Nei primi capitoli Céline parla della guerra e della sua esperienza al fronte. Il tono è ironico e allo stesso tempo crudo, essenziale, quasi distaccato, che colpisce subito il lettore e lo incolla alla pagine con un ritmo incalzante.

“Ci si poteva lasciar cullare nell’illusione d’essere quasi tranquilli, e sgranocchiare per esempio una scatoletta di conserva col suo pane, fino in fondo, senza troppo tormentarsi col presentimento che sarebbe stata l’ultima […] è difficile arrivare all’essenziale, anche in quel che riguarda la guerra, la fantasia resiste a lungo”

La parte del viaggio africana lascia intravedere un Céline davvero ispirato che descrive in maniera intensa tutto ciò che vede e che vive, che introduce l’inquietudine e l’attesa per questa nuova esperienza già nella nave che sia avvicina alla costa:

“Vogavamo verso l’Africa, la vera, la grande; quella delle foreste impenetrabili, dei miasmi velenosi, delle solitudini inviolate”

Riporto, perché risulterebbe scellerato non farlo, questo tramonto africano, che è uno dei grandi passaggi sparsi nell’affresco di questo Viaggio al termine della notte:

“I tramonti di quell’inferno africano si rivelavano straordinari. Non te li toglieva nessuno. Ogni volta tragici come mostruosi assassini del sole. Soltanto che c’era troppo da ammirare per un uomo solo. Il cielo per un’ora si pavoneggiava tutto spruzzato da un capo all’altro d’uno scarlatto delirante, e poi il verde scoppiava in mezzo agli alberi e s’innalzava dal suolo a strisce tremanti fino alle prime stelle.  […] Finiva così. Tutti i colori ricadevano a brandelli, afflosciati sulla foresta come vecchi stracci alla centesima replica. Ogni giorno verso le sei era esattamente così che andava”

 

Un viaggio strepitoso. Una penna sontuosa.

E’ un romanzo di delirante pessimismo, un viaggio cupo, tragico e nichilista nei vari strati della natura umana; un viaggio nella miseria e nella solitudine: bello, bellissimo. Sottolineo ancora come, all’incredibile sperimentalismo linguistico e stilistico, Céline, riesca magistralmente ad abbinare un linguaggio erudito, colto, superlativo, fatto di ellissi e iperboli. Possiamo dire che lo scrittore francese inventa quasi un nuovo genere. La sua è una geniale innovazione narrativa.

Qualche critico sostiene che il Novecento lo si possa cogliere più qui che in un libro di storia. Di sicuro qui lo capiamo davvero questo secolo fondamentale per la storia umana, lo viviamo sulla nostra pelle e Céline ne illumina ogni anfratto con un’incredibile originalità espressiva. È scandaloso? Si. Ebbene sì. Dal delirio cosa può mai nascere? Scandalosa arte. Ma dico io, e mi riferisco ai perbenisti, dal dramma e dagli orrori vissuti da quest’uomo scandaloso, era cosi scontato tirar fuori questo capolavoro? Se il prezzo da pagare per un’opera simile è lo scandalo, tanto dell’opera quanto dello scrittore, allora non sarebbe ogni tanto salutare scandalizzarsi?

Realistico e visionario, sofisticato e rude, blasfemo e aulico. Solo chi ha nelle corde la genialità letteraria può plasmare a regola d’arte una materia così incandescente. Questo libro riassume tutta la disperazione del Novecento e lo fa con una modernità da lasciare sbigottiti. È una lettura consigliata? No. È una lettura obbligata.

Avevo una gran pena, autentica, una volta tanto, per il mondo intero, per me, per lei, per tutti gli uomini. È forse questo che si cerca nella vita, nient’altro che questo, la più gran pena possibile per diventare se stessi prima di morire

Viaggio al termine della notte è un testo immortale, che non si può non leggere, che precede una sfilza di libracci osannati come capolavori ma che non valgono neppure una manciata di pagine di questo romanzo. Ed è ora che crolli anche l’ultimo pregiudizio sull’autore, perché per quanto possa essere stato a dir poco scellerato nelle idee, nelle convinzioni, nelle sue scelte politiche, nelle espressioni, nei silenzi postumi, Céline ha scritto un capolavoro letterario immortale.

A tenere il passo di Viaggio al termine della notte ci sono davvero poche altre opere. Oggi in quest’epoca che sta malmenando la letteratura, con spazzatura in dosi massicce, c’è bisogno di opere immortali, che insegnino, che sconvolgano, che squartino il velo, che siano vera espressione Letteraria. Questa è una di quelle opere. Che inizi il Voyage letterario ed esistenziale dunque, che non finirà, siatene certi, qualunque sia il vostro giudizio su Céline, al termine di una notte.

 

Consiglio l’edizione Corbaccio di Viaggio al termine della notte, con l’eccellente traduzione di Ernesto Ferrero.