Max Weber – L’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Le radici della società capitalistica moderna

L’etica protestante e lo spirito del capitalismo è un’opera pubblicata tra il 1904 ed 1905 da Max Weber. Weber (1864 – 1920) è uno dei pensatori più importanti e rappresentativi di tutto il XX secolo. Giorgio Galli, nell’introduzione dell’Edizione Bur Rizzoli, non a torto, lo considera il più grande maestro delle scienze sociali. Benché avesse una formazione giuridica ed economica Weber è considerato il padre delle scienze sociali. Egli estese i suoi interessi molto al di là del diritto e dell’economia diventando un punto di riferimento per la teoria della società e per la riflessione filosofica.

L’enorme statura di Weber come teorico della società è indiscussa ed il suo contributo alla comprensione di gran parte delle questioni che vengono poste dal capitalismo moderno e contemporaneo è stato a dir poco fondamentale. Preziose e di grandissimo rilievo sono state le sue ricerche nell’ambito della sociologia della religione e benché Weber si definisca sempre insensibile al fascino della religione, la pone al centro di un interesse scientifico che gli ha permesso di cogliere intuizioni notevoli come quella che fa derivare dalla religione il fenomeno storico del capitalismo moderno.

In una lettera del 1909 Weber scrive:

Dal punto di vista religioso io sono certo non musicale, e non ho né il bisogno né la capacità di formarmi un qualche edificio spirituale di tipo religioso

Weber si definisce non musicale nei confronti della religione e questo suo scarso coinvolgimento emotivo e la sua non appartenenza a nessun credo, diventa la condizione essenziale per maturare una riflessione il più possibile oggettiva e scientificamente solida sul “fenomeno religioso”. Questo aspetto è stato decisivo e trova la sua applicazione in un testo famosissimo e molto diffuso come L’etica protestante e lo spirito del capitalismo.

Il filosofo tedesco analizza l’atteggiamento etico di diverse religioni per farne un confronto con l’etica protestante e stabilire come quest’ultima sia stata il fattore principale per il formarsi di uno spirito capitalistico. Weber indica in un certo aspetto dell’etica protestante e più precisamente la corrente calvinista e puritana l’elemento che sta alla base del sorgere dello spirito capitalistico.

 

Breve genesi della nascita del protestantesimo

Per comprendere meglio dove prende avvio la riflessione di Weber dobbiamo fare un passo indietro e contestualizzare bene la nascita della corrente protestante.

Nel corso del Quattrocento in Europa si assiste ad una profondità crisi della teologia scolastica. La chiesa antica che aveva già avuto dalla sua nascita, due grandi scissioni nel corso degli anni, quella degli armeni e dei copti nel 451 che darà vita alla chiesa antico-orientale e la scissione del 1054 dalla quale nascerà la chiesa ortodossa, all’inizio del Cinquecento, si prepara ad un’altra scissione.

A dare avvio  a questa ulteriore frattura in seno al cristianesimo fu l’acuirsi di tutta una serie di fenomeni scandalosi all’interno della Chiesa romana. Le decime, la vendita delle indulgenze, il finanziamento delle opere artistiche, la simonia, il nepotismo furono i grandi mali della Chiesa romana. Soprattutto in Germania, vessata com’era dallo strapotere religioso di Roma, il tempo era propizio per una radicale riforma del cristianesimo.

La data simbolo è il 1517, anno in cui Lutero affisse sulla porta del duomo di Wittenberg le 95 tesi contro le indulgenze. Questo gesto segnò l’inizio della ribellione nei confronti della Chiesa di Roma. Nasce così la Chiesa protestante che si dividerà a sua volta in Luterani (Pietisti), Calvinisti (Battisti e Riformati) e Anglicani. Al centro di queste nuove correnti religiose, in maniera più o meno marcata vige il dogma della predestinazione, ovvero la salvezza non è la conseguenza di un atto meritorio dell’uomo ma il risultato di una imperscrutabile decisione di Dio. Questo dogma (moderato in Lutero) assume caratteri molto più decisi in Calvino.

La salvezza è predestinata da Dio e la vita moralmente corretta è conseguenza della predestinazione, non causa. Da questa dottrina di Calvino ne consegue una profonda rivalutazione dell’attività lavorativa dell’uomo. La nascente borghesia applica il principio del valore indiziario delle opere alle svariate attività economiche. Il successo nel campo del lavoro diventa il segno inequivocabile della benedizione divina e quindi della salvezza.

 

Il nucleo centrale de L’etica protestante e lo spirito del capitalismo

Secondo il filosofo tedesco questa sfaccettatura del protestantesimo calvinista contribuisce in maniera decisiva alla formazione del capitalismo.

Weber fa notare come la tradizione protestante, nelle sue diverse forme, mette radicalmente in dubbio la possibilità di giungere alla salvezza attraverso le opere. Si può ottenere la salvezza solo per via della sovrana grazia divina. Soltanto Dio attraverso quello che appunto verrà ribattezzato come il dogma della predestinazione, può stabilire in partenza chi sarà destinato alla vita eterna e chi invece dovrà soccombere. Non c’è azione che tenga. La predestinazione risolve la questione a monte. In questa prospettiva, è bene ribadirlo ancora, il successo nell’attività economica viene interpretato come il segno della grazia divina e quindi come l’indicazione del fatto che si rientra nella cerchia di coloro che beneficeranno della salvezza.

L’etica protestante è un etica della salvezza individuale alla quale si è predestinati dalla grazia divina. Per questo motivo questa tipologia di visione è radicalmente opposta al cattolicesimo che indica la via della salvezza attraverso l’appartenenza a un’istituzione religiosa, in questo caso la Chiesa.

Secondo la teoria di Weber, in pratica il capitalismo non sarebbe stato mai concepito se non si fosse diffusa questa particolare etica religiosa del lavoro. Con la coscienza di godere della grazia di Dio e di essere benedetto da lui, l’imprenditore borghese poteva perseguire tutti gli interessi lucratici che desiderava aiutato anche dal fatto che questo grande potere dell’ascesi religiosa metteva anche a sua disposizione operai sobri, coscienziosi ed efficienti al lavoro.

Il lavoro sociale del calvinista nel mondo è semplicemente lavoro “in maiorem gloriam Dei”. E quindi ha questo carattere anche il lavoro professionale

Weber afferma che dal carattere utilitario dell’etica calvinista sono scaturite le peculiarità dell’ottica calvinista della professione. È un dovere ritenere se stessi come eletti. Al posto degli umili peccatori a cui Lutero promette grazia, dirà Weber “vengono educati quei santi sicuri di sé, che ritroviamo nei mercati puritani, duri come l’acciaio.

Un punto nevralgico che Weber secondo me coglie in pieno è il cambiamento dell’ascesi. L’uomo che viveva metodicamente in senso religioso era il monaco. L’ascesi tanto più si impossessava del singolo tanto più lo allontanava dal mondo. Con Lutero si elimina tutto questo. Il calvinismo adotta questa eliminazione. La necessità della comprovata fede nella vita professionale dava nuovo e diverso impulso all’ascesi. La dottrina della predestinazione era un’ancora potentissima. La sostituzione era presto fatta: “al posto della classe dei monaci al di fuori o al di sopra del mondo”, scriverà Weber, “subentrava un’aristocrazia spirituale dei santi nel mondo, predestinati da Dio”.

È l’etica economica del calvinismo a determinare nel capitalismo moderno la combinazione di ascetismo e investimento per giungere al profitto economico. La concezione del profitto come scopo fine a se stesso viene fatto derivare da Weber dalla concezione del lavoro professionale come beruf  (termine molto ricorrente nel testo), cioè come dovere del singolo individuo. Una vera e propria vocazione che alla fine segna il carattere professionale del lavoro in tutti gli ambiti del capitalismo occidentale moderno. Nel concetto di beruf  trova dunque espressione quel dogma centrale di tutte le chiese protestanti. Quindi non il lavoro salariato industriale ma il lavoro professionale, inteso come una vocazione e razionalmente praticato per il conseguimento del profitto e del successo economico, sarà il tratto distintivo dell’economia industriale moderna occidentale.

 

Disincantamento del mondo e secolarizzazione

Weber accenna poi ad un concetto chiave che svilupperà in seguito. Si tratta del concetto di disincantamento del mondo che chiama anche razionalizzazione. Il disincantamento o razionalizzazione del mondo consiste nella radicale trasformazione di tutti gli aspetti della vita individuale e associata, che coinvolgono anche aspetti religiosi. Si ha dunque un affrancamento dall’influenza della religione. Secondo Weber la forma più importante di razionalizzazione in campo economico è l’organizzazione capitalistica del lavoro. Ergo il capitalismo non sarebbe stato possibile se non si fosse diffusa una particolare etica religiosa del lavoro, e come abbiamo visto, il successo nel lavoro, secondo la logica protestante, è causa non effetto della predestinazione.

Il disincantamento del mondo consiste dunque nel processo di secolarizzazione dell’Occidente, ovvero nella graduale e progressiva estromissione della religione da tutti gli ambiti della vita. Questo processo di secolarizzazione avrà per Weber, come lo era stato per Nietzsche, delle conseguenze nichilistiche. Il disincantamento del mondo ha fatto crollare diverse certezze degli uomini. La perdita di senso è l’elemento principale. La sostituzione dell’ordine etico-teologico con un ordine meccanico, fisico e razionale, ha privato di senso il mondo. Questa perdita di senso del mondo implica il crollo di tutti i punti di riferimento ritenuti in passato obiettivi e assoluti.

La crisi del cristianesimo in epoca moderna conduce ad un inevitabile politeismo dei valori. Qui Weber coglie un aspetto basilare e cioè il conflitto che viene a determinarsi tra i diversi valori, una volta venuto meno, determina l’impossibilità di fondare su basi oggettive una gerarchia tra essi. Senza gerarchia tutti i valori avanzano pretese di assolutezza. Il prevalere dell’uno sull’altro a questo punto, dipende esclusivamente da una scelta soggettiva.

Weber condivide con Nietzsche la sensazione di vivere in un mondo dove la religione tende a scomparire ma a differenza di Nietzsche che saluta la morte di Dio come una liberazione, Weber constata il fatto che l’uomo moderno è costretto a vivere in un epoca senza più dèi e profeti e quindi deve sobbarcarsi da solo tutto il peso della scelta soggettiva di valori tra essi inconciliabili e contrastanti. Infatti egli consiglia a coloro che  non riescono a sopportare questa condizione di tornare sotto la protezione della antiche chiese.

 

Critiche, contestazioni e la grande fortuna dell’opera

Per quanto acute e brillanti, queste osservazioni di Weber non hanno mancato di suscitare critiche. Questo testo viene costantemente riproposto e puntualmente criticato, ma riesce sempre a sorgere dalle ceneri, per essere ancora ulteriormente criticato.

L’etica protestante e lo spirito del capitalismo è stata sovente criticata. Una critica riguarda alcuni aspetti del puritanesimo di cui Weber parla. Il puritanesimo descritto da Weber non sarebbe tipico di tutte le forme di puritanesimo. La debolezza della sua argomentazione, si è ancora sostenuto, consisterebbe nel fatto di cercare di spiegare il fenomeno tedesco avvenuto nel XIX secolo della distribuzione statisticamente ineguale del capitale tra luterani, calvinisti e cattolici , sulla base della letteratura edificante inglese del XVII secolo. Altro motivo di perplessità, legato ancora alle fonti, è dato dal fatto che Weber avrebbe desunto la tesi secondo cui il calvinismo spingerebbe all’attivismo, mentre il luteranesimo porterebbe al quietismo, dall’arsenale delle polemiche confessionali del XIX secolo.

Molto più interessanti, a mio avviso, sono gli aspetti legati alla fortuna dell’opera, dovuta essenzialmente a tre fattori. Il primo riguarda il fatto che Weber ha avuto l’intuizione di mettere in luce la relazione che intercorre tra un fenomeno culturale, la riforma e lo sviluppo calvinista della stessa, con un fenomeno economico dato dal capitalismo moderno. In secondo luogo di essere stata una tesi globale economica contrapposta a quella di Marx. Terzo e ultimo aspetto; Weber con questo rapporto pone le basi per un problema ben più vasto ovvero la funzione che l’etica economica delle religioni ha assolto nella relazione tra economia e religione. L’etica protestante e lo spirito del capitalismo resterà sempre un’opera fondamentale per comprendere le caratteristiche della società capitalistica moderna.

Weber  con questo scritto ci parla della relazione che intercorre tra l’idea di professione come vocazione ed il culto del lavoro, e la relazione che questi aspetti (che sono caratteri peculiari dell’etica protestante), hanno avuto con lo spirito capitalistico, che sui medesimi elementi fonda la sua essenza. Al di là di alcuni punti deboli L’etica protestante e lo spirito del capitalismo è un saggio fondamentale della sociologia del capitalismo. Ci fa comprendere come lo spirito che sosteneva l’impulso alla produzione non risiedesse tanto nella possibilità e volontà di arricchimento, quanto nell’abilità e nel desiderio di un impegno che fosse costante e metodico, in modo da poter fondare la propria condotta di vita su basi esclusivamente etico-spirituali.

Resta la grande intuizione, il grande valore del lavoro di Weber, perché la connessione tra riforma protestante e capitalismo sembra davvero esserci. Quanto sia forte questa connessione non è facile stabilirlo, ma muoversi da qui, anche in proiezione critica, per comprendere le radici sociologiche e culturali del capitalismo occidentale, credo che sia un atto più che dovuto.