Zygmunt Bauman -Vita liquida. La crisi dell’individuo nella società liquido-moderna

Vita Liquida di Zygmunt Bauman (1925-2017), uno dei più noti ed influenti intellettuali del Novecento, è un’opera pubblicata nel 2005, che costituisce la terza e ultima parte di un’analisi all’interno di quella che viene definita dallo stesso autore modernità liquida, una proverbiale e folgorante metafora attraverso cui Bauman definisce la postmodernità. Il sociologo e filosofo polacco infatti ha paragonato il concetto di modernità e postmodernità rispettivamente allo stato solido e a quello liquido della società. Il progetto è composto oltre che da Vita Liquida, oggetto di questa recensione, anche da Modernità liquida e Amore liquido.

La vita liquida è una vita di consumi

È sufficiente questa definizione per capire dove l’analisi di Bauman, attraverso l’ultimo dei tre momenti della liquidità, vuole concentrarsi. Nell’epoca del consumismo più sfrenato ciò che conta, dirà Bauman in un notevole passaggio, “è la velocità, non la durata”. Capire cosa intenda esattamente Bauman con vita liquida può sembrare piuttosto semplice ad un primo sguardo, ma le diverse definizioni che troviamo nel testo, denotano la discreta poliedricità di enunciazioni che questa “liquidità” palesa. La vita liquida è precaria. È quella vissuta in condizioni di incertezza. La vita liquida è una successione di nuovi inizi; mette al bando l’eternità e la fedeltà. E quella che si alimenta dell’insoddisfazione dell’io rispetto a se stesso.

Insomma è la vita che gravita nella profonda preoccupazione che attanaglia la società moderna e che viene amplificata secondo Bauman dalla trasformazione dei protagonisti della vicenda che da produttori diventano consumatori. Altra grande intuizione di Bauman è quella unire tra di loro i concetti di consumismo con creazione di rifiuti umani e globalizzazione con industria della paura. Le sicurezze svaniscono dunque in questa dimensione. La vita liquida è per definizione frenetica, in tutti i suoi aspetti, che non si ferma e non si può fermare per alcun motivo e in nessun modo.

Tuttavia la parte fondamentale di questa società liquida-moderna consumistica, teorizzata da Bauman, è ciò che viene consumato. Tutto è oggetto di consumo, compresi gli esseri umani. Ogni oggetto deve trovarsi nella condizione di avere una data di scadenza, perchè deve poter essere superato, aggiornato, eliminato e smaltito in qualsiasi momento.

 

La crisi dell’individuo, il consumatore e il pensiero nei tempi oscuri

Il testo, suddiviso in sette capitoli, raggiunge secondo il mio parere, spunti di riflessione notevoli soprattutto nel primo, nel quinto e nel settimo capitolo, intitolati rispettivamente l’individuo sotto assedio, il consumatore nella società liquido-moderna e pensare in tempi oscuri (rileggendo Arendt e Adorno).

Bauman è piuttosto duro nell’affermare che l’individualità è terribilmente entrata in crisi: “una crisi gravata da una aporia congenita, da una contraddizione insanabile. Essa ha bisogno della società”. È dunque la società degli individui a costringere i suoi membri a farsi carico della propria individualità, per cui è soltanto essa la sola che può fornire a questi membri i mezzi per condividere con l’impossibilità di essere singoli individui nella società liquida. Aggravante paurosa di tutto ciò è il fatto che la “contesa per l’unicità è il principale motore della produzione e del consumo di massa”. Ad emergere in questo quadro è l’homo eligens. Bauman ne dà una straordinaria definizione:

L’ homo eligens è l’uomo che sceglie, non l’uomo che ha scelto, di un io stabilmente instabile, completamente incompleto, definitamente indefinito e autenticamente inautentico

L’homo eligens vive in perfetta simbiosi col mercato dei beni di consumo. Entrambi non potrebbero sopravvivere se non si sostenessero a vicenda. Parliamo di uno stile di vita, di un modo di vivere profondamente inautentico, perché i pezzi dell’identità vengono forniti solo ed esclusivamente sottoforma di beni di consumo che si trovano nei centri commerciali.

La società dei consumi riesce a rendere permanente la non-soddisfazione

Con questa frase Bauman introduce la riflessione che si sviluppa all’interno del capitolo dedicato al consumatore. I prodotti di consumo, secondo il filosofo, vengono denigrati e svalutati subito dopo essere stati lanciati nel mercato. Le necessità, i desideri ed i bisogni vengono continuamente soddisfati proprio per dar vita ad altre necessità, desideri e bisogni. È questa la vita che consuma e gli esseri umani non sono altro che dei consumatori.

Il consumismo dunque non riguarda secondo Bauman il soddisfacimento dei desideri ma l’evocazione di un numero sempre maggiore di desideri. Il desiderio esaudito per il consumatore non è affatto piacevole; ci deve essere un meccanismo incessante che genera, sette giorni su sette e ininterrottamente desideri. Il consumatore ideale, infatti, è colui che non smette mai di desiderare e di continuare ad alimentare questa sequenza ininterrotta di desideri. Bauman intesse su queste corde una riflessione di ampio respiro che analizza con precisione tutte le vicissitudini, le aspettative, le condizioni entro cui si muove il consumatore all’interno della società moderna consumistica.

I tempi oscuri in cui viviamo, sulla scorta di Arendt e Brecht, necessitano di una presa di coscienza forte. Consapevoli di questa dimensione riprendere in mano l’opera di Hannah Arendt e di Adorno, assume per Bauman un’importanza decisiva. È chiaro che lo strumento da prediligere in quest’ottica è la filosofia. La filosofia, che secondo Adorno esprime “la decisione della libertà intellettuale e reale”, pur consapevoli dell’immane difficoltà con cui i filosofi, oggi come allora (si pensi al mito della caverna di Platone e al destino tragico dei filosofi che desideravano condividere con i compagni nella caverna la grandezza del mondo reale), devono confrontarsi. Tutto questo è ancora più difficile per via dell’inclinazione del gruppo che secondo Freud, “desidera essere governato con forza priva di restrizioni” nutrendo una passione estrema per l’autorità. Anche Gustave Le Bon lo rimarca bene quando afferma che il gruppo ha sete di obbedienza.

In conclusione, credo che lo spunto di riflessione più importante, Bauman lo introduca nel capitolo dell’individualismo. Si tratta di un tema molto importante da un punto di vista strettamente filosofico, per il quale è opportuna un’ultima considerazione. È probabile che Bauman ritenga (e questo si evince in più di un passaggio) che in una società liquido-moderna, una qualsiasi forma di individualismo sia impercorribile, perché si riduce ad essere solo un argomento di vendita. A questo punto, se essere individui significa essere diversi da chiunque altro, il paradosso nasce dal fatto che io ho necessità di porre l’accento proprio su quell’altro da cui non posso fare a meno di essere diverso.

Bauman sembra escludere a questo punto ogni individualismo. Ma chi pensa in maniera critica e autonoma è disposto a rinunciare alla propria essenza di individuo? Proprio questo paradosso rende interessante la sua riflessione. Il mio status di essere individuo è possibile solo all’interno di un confronto con l’altro. È lì che si avverte la propria diversità. È impossibile trovare la propria individualità costruendosi una vita diversa da quella di un altro. Solo la stretta collaborazione tra esseri umani fa di questi degli individui. Ma se tutti ci consideriamo individui, nel senso che desideriamo riconoscerci tutti diversi, non finiremo alla fine per essere inevitabilmente tutti uguali?

Vita liquida non è un testo semplice ma merita di essere letto perché è su riflessioni filosofiche come queste che l’uomo emerge dal pantano e costruisce una propria dimensione critica, all’interno di una spietata società che tende sempre di più a comprimere le menti, inculcando metodi e sistemi prestabiliti, con l’obiettivo di annichilire il pensiero.